mercoledì 15 luglio 2009

Madrid de puta madre

Il punto è che, limitatamente a quanto ne siamo artefici, noi siamo i principiali responsabili dell'esito della nostra vita. E anche quando esistono fattori che la controllano, impedendoci apparentemente di metterci mano, come le catastrofi, le stragi, la nostra stessa famiglia che mai si sceglie e sempre ci si assegna, anche allora noi siamo gli unici a poter catalizzare tutte le nostre forze ed energie perché questi fattori si minimizzino e ci conducano a quanto vogliamo. Perché in fin dei conti vivere è poter realizzare ciò che vogliamo, toccare per mano quanto abbiamo desiderato. Ne segue che l'unica verità è che noi siamo i soli artefici della nostra fortuna.

Per una vita ci preoccupiamo di quanto gli altri pensino e spesso in questo modo miniamo le nostre possibilità di raggiungere quanto desideriamo. Eppure del pensiero degli altri dovremmo preoccuparci solo se esso davvero finisce per minare il nostro obiettivo e, qualora lo minasse, ancora noi siamo gli unici a poter agire in tutti i modi pur mutare quel pensiero. Le convenzioni sociali, le regole, le leggi sono pensieri che non sempre si accordano con quanto vogliamo. Se quanto desideri dalla vita è essere felice, come accade per la maggioranza di noi, uccidimi, se questo ti rende felice.

Per una vita ci preoccupiamo del giorno in cui arriveremo a contare quanto abbiamo realizzato, quanto abbiamo conseguito, quanto di quanto fatto corrisponda al convenzionale obiettivo. E così puntiamo una vita per scommettere sul giorno che precede la nostra morte. Anche probabibilisticamente, ha maggior senso puntare sull'esito di ogni giorno, minuto, unità di tempo: ne conseguiremo una maggior possibilità di vittoria. Ne conseguiremo una maggiore possibilità di realizzare ciò che vogliamo. E nell'istante in cui l'avremo conseguito, saremo felici.

Chetz

lunedì 1 settembre 2008

Se mi rilasso, collasso (parte prima)

Proverò a descriverla dal principio, ma sono quasi sicuro di dimenticare qualche particolare importante. La partenza era fissata per le 4 di mattina di sabato 9 agosto 2008. La prima dritta arriva appena prima di partire:”Ci fermiamo al primo autogrill” dice Giorgio. Olè! Entriamo nella Milano-Venezia, vediamo il primo autogrill, e lo sorpassiamo: non era previsto che fosse lì il primo autogrill. Quindi ci fermiamo a Limena. Ho scoperto una cosa interessante sui viaggi alle 4 di mattina, che la gente all’autogrill perde la nozione di parcheggio: in un comunissimo parcheggio a strisce verticale, la gente si infilava a lisca di pesce, se non direttamente orizzontalmente, giustamente. In ogni caso riforniti di Ritz e di un tè verde alla pesca imbevibile (complimenti per la scelta Luca), ci troviamo fuori dall’autogrill. “Bene ci siamo tutti possiamo partire”, “Non è vero, manca Erik” ribatto. Mi guardano tutti perplessi. Mi giro e il piccolo Erik era alle mie spalle probabilmente da ancora prima che entrassimo. Possiamo ripartire. Noi, siccome siamo gente astuta, tagliamo per la tangenziale di Padova e ci infiliamo direttamente in testa alla Bologna-Padova. Arriviamo al raccordo per l’autostrada diretta a Riccione e nel tratto in cui ci affianca la tangenziale di Bologna, ci aspetta la prima causa di morte della vacanza: procedendo in un tratto di traffico molto intenso a velocità non troppo sostenuta (diciamo 80 km/h) nella corsia centrale, non che a un pazzo su una Stilo famigliare gli viene in mente di tagliarmi la strada? Quello frena. Sterzo a destra che il culo della macchina ondeggia visibilmente tra le due corsie. Fortuna vuole che nessuno passasse in quel momento nella prima corsia, perché posso scommetterci che sarebbe finito dall’altra parte della carreggiata, rovesciato e sfracellato a terra. E probabilmente senza vita.

Troviamo l’unico campeggio con posti liberi a duecento metri dal mare. Camping Riccione (originali). Ci accoglie un napoletano. Quello ci assicura una bella piazzola di cento metri quadri giust’apposta per noi, inforca la bicicletta e vi ci porta davanti. Bella ombreggiata, con una sola altra piazzola accanto, una siepe dietro e la strada lungo gli altri due lati.
 “Vi va bene?” ci fa quello. “Sì”. Mezzo secondo dopo un Eurostar passa speditissimo dietro la siepe. Nessuno commento. Un minuto e ne passa un altro nella direzione opposta. Okay. Nel corso della vacanza ho visto (e sentito) passare di tutto: Eurostar, Eurostarcity, Intercity, regionali e interregionali e i peggiori, i lunghissimi e rumorosissimi treni merci. Montiamo la tenda, la reggia, e quando tutto era pronto, Nicio chiude la porta e rompe la zip: come risultato la tenda sarebbe sempre rimasta aperta. Danno solo economico visto che dentro la reggia faceva un caldo afoso da fare schifo anche alla giungla tropicale.

“Dai che andiamo al mare!”. Andiamo al mare e Giorgio, che da lì in avanti per me è rimasto il signor Garoldini, ci avverte che la figlia del suo capo (la Garoldini appunto) gradirebbe che ci unissimo a loro in spiaggia, dato che sono a Riccione. “Dove sono?” “Aspetta che mi risponde al messaggio” Messaggio:”Siamo nei pressi di una struttura in pali di ferro”. Scusa?! La presunta struttura in pali di ferro non so come mi sia balenata in testa ma l’ho associata poco dopo al palco sulla spiaggia in centro a Riccione, ricordo delle mie vacanze infantili. Considerato che il nostro campeggio e quindi il tratto di spiaggia su cui al momento del messaggio stavamo camminando era al confine con Misano (in tanta mona rispetto al centro), ci si prospettava una camminata eterna. All’orizzone erano appena percebili sti pali in ferro, che dovrebbero superare tranquillamente i quindici metri di altezza. Vabbè avrà le sue buone ambizioni il sig. Garoldini per trascinarci fin laggiù, penso io. Errore! Perché una volta arrivati dalle allegre signorine, l’unico a filarsele è stato sempre Giorgio e la loro conversazione consisteva da una parte in una logorroica sequela di esperienze drogo-sessuali delle due tipe e dall’altra in quattro monosillabi che il sig. Garoldini ha ripetuto per tutto il tempo:”Ah sì?” (con fare del tipo “davvero?”) “Ma no!” (con fare del tipo “non ci credo!”). Nel frattempo ci attendeva la seconda causa di morte della vacanza.

Le onde, per la precisione. All’inizio c’era anche Nicholas, il quale tuttavia avendo ingollato ettolitri di acqua salata e con gli occhi brucianti decide di tornare a prendere il sole, lasciando le onde a me e l’Anna. Allora, l’acqua di Riccione non è brutta, ma il fondale fa schifo: puoi toccare tranquillamente per una manciata di metri e poi sprofondare in una buca. Se in quell’istante arriva un’onda, sei completamente travolto e con un bel po’ di sale in più nel sangue. Fatto sta che ste onde stavano cominciando ad avere risucchi potenti, tanto che dopo poco ci siamo trovati più distanti da dove ci eravamo fermati con gli asciugamani, e soprattutto più al largo, il ché, tradotto in parole spicciole, significava che io toccavo a mala pena e l’Anna non toccava proprio. Non riesco ancora a spiegarmi come l’Anna sia riuscita a mantenere una calma risoluta quando io mi stavo impanicando per entrambi. Nonostante i miei blandi tentativi di trascinarci tutti e due a riva, a ogni altra ondata ritornavamo indietro di quel passo che avevo appena faticosamente fatto. Dopo un po’ arriva il bagnino che carica la ragazza a riva. Ed io?! “Cammina” fa l’altro. Testa di cazzo, ci ho messo un quarto d’ora a fare venti metri, fottiti. Nel frattempo Bicego ci era venuto a cercare con Erik, e non trovandoci si erano messi anche loro a godersi le onde. 
Onde che a quanto pare non soddisfacevano Luca appieno, visto che quello si è sbracciato contro il cielo urlando:”E’ tutto qui quello che sai fare Nettuno?!”. Molto democraticamente, Nettuno ha provveduto a incastrare anche loro nel risucchio, con la piccola differenza che Erik non sapeva nuotare. E anche lui, con una logica comportamentale da lasciare di stucco un etologo in missione in Zambia, anziché impanicarsi, rideva. La manovra di salvataggio alla fine è stata piuttosto simile a quella che parallelamente avevo vissuto con l’Anna qualche minuto prima. Almeno anche Bicego ha dovuto camminare! Prima di cenare, seduti sotto gli alberi della nostra piazzola, al cinguettio degli uccellini e al passaggio di un treno, qualcuno schittò sul capo di Nicholas.

Non parlerò molto della serata passata al Pascià (posto per il quale abbiamo girato come quattro lesi fino a Gabicce prima di renderci conto che forse stavamo andando un po’ troppo lontano, e qui il merito va a Giorgio che ha guidato per mezz’ora in condizioni pietose), perché non è stata molto gradita dagli altri. Solo due particolari. Nei bagni, peraltro molto ben curati e di buon gusto, ad un certo punto due tizi mi fermano e uno mi fa:”Hai un cicles?”. Che è, una droga? Gli rispondo che non so cosa sia e mi fa:“Una gomma”. Gli dico di no. Quello si gira verso Marco, se non ricordo male, e gli fa:”Hai un cicles?” Marco gli chiede cosa sia il cicles e l’altro gli fa:”Una gomma”. Marco gli dice di no. A quel punto gli chiedo se non fa prima a domandare una gomma. Quello si gira verso uno appena entrato e gli fa:”Hai un cicles?”. L’altro non capisce. Alla fine i tizi si arrendono e si presentano. Due torinesi, i quali pretendevano di parlare in dialetto piemontese in Romagna ed essere capiti. Alla fine ha chiesto a uno che usciva dal cesso se aveva una gomma da masticare. Non ce l’aveva, ma almeno l’ha compreso subito! Il secondo particolare riguarda un pacchetto di sigarette all’uscita dei bagni. In buona fede, credendo fosse stato abbandonato, lo raccolgo e lo intasco. Nicholas poi mi dice che ho rischiato moltissimo perché il proprietario stava semplicemente parlando con una signorina, forse del guardaroba, ed era un personaggio piuttosto robusto. Poteva essere un’eventuale terza causa di morte! Comunque la cosa di cui mi stupii di quelle cicche era la lunghezza del filtro. Solo arrivati al campeggio la mia ignoranza fu colmata da Luca che mi ha reguardito sul fatto che avevo sottratto delle Cento’s svizzere. Imbarazzante.

Quando l’umidità della reggia raggiungeva livelli insostenibili, cosa che puntualmente avveniva tra mezzogiorno e l’una, ci svegliavamo tutti. Di domenica 10 agosto non ricordo molto, se non erro l’abbiamo passata al mare e sono venuti giù Croce e dei suoi amici. Dev’essere quella che Bicego ha soprannominato la giornata dell’attesa. La sera si era deciso di andare alla Baia Imperiale, che, pur essendo molto scenografica, aveva il difetto di essere frequentata al 90% da popolazione maschile (Single’s party, ce lo dovevamo aspettare): la scena pietosa avveniva quando una qualsiasi ragazza, anche la più cessa, entrava in pista, perché, giro sessanta secondi, 
 
subito dieci ragazzi le si mettevano a ballare attorno. Però non porto rancore per la serata, durante la quale ho peraltro rimediato una terrificante figura di merda. C’erano tre fighette sedute lungo un corridoio che attiravano molti maschietti di passaggio. Ad un certo punto, approfittando del momento in cui le due amiche erano andate in bagno, mi avvicino alla terza (palesemente più vecchia di me) e le chiedo come mai non venivano (tutte e tre, c’erano lì anche Nicholas e Marco) a ballare. Quella mi fa:”Eh, ci siamo appena fermate” ed io:”Non è vero, ti stavamo osservando!”. Quella per fortuna ride, altrimenti potevo anche andarmene! Dopo un paio di commenti, per convincerla le faccio:”Eddai, sarai anche stufa di tutti questi napoletani che ti girano attorno [nota: la Baia era zeppa, un po’ come ogni altro locale, di terroni]” e lei:”Perché da dove credi che venga io?”. Cristo. Nel casino non avevo notato l’accento campano. Fortuna che la tipa non se ne rende conto visto che subito dopo mi dice che le sembrava di aver notato un accento di disprezzo; in zona Cesarini riesco a rimediare cercando di convincerla che intendevo dire che sarà pur stufa di conterranei anche in vacanza. Ride, ma non viene in pista. Era di Benevento.

Sto cercando di ricordare cosa accadde lunedì 11 agosto. Lo scherzo dell’Anna, che ha brillantemente pensato di nascondere in una buca piuttosto profonda una delle infradito di Giorgio; il punto che è l’esatta locazione della buca è stata smarrita nel momento in cui sono stati tolti gli asciugamani, unico punto di riferimento dell’Anna. Così la ricerca si è protratta per mezz’ora. La serata prevedeva un tranquillo soggiorno al Mojito, del quale ricordo solamente che ho ballato su un tavolino nonostante soffrissi di vertigini, una sensazione stranissima. Di questo lunedì ho memorie veramente scarse. Ah ecco cosa dimenticavo! La nostra auto, e con nostra intendo quella guidata (in genere) dal sig. Garoldini e con imbarcati io Nicholas e Marco, era giunta per prima al locale, e mentre stavamo entrando, Giorgio indica un punto rosso nel cielo e mi fa:”Che è?”. Sembrava un oggetto che bruciava e ad una seconda occhiata si vedeva il fumo. “Un aereo che brucia!”. Ma come diavolo è possibile! Lo guardiamo ancora per un minuto e poi ci disinteressiamo al disastro aereo per prendere qualcosa da bere. Poco dopo vediamo un paracadute che, presumibilmente, sarebbe finito in mare. Ci disinteressiamo nuovamente quando scopriamo che al bancone del bar è esposta una bevanda che si chiamava fi.Ga. Lo stavamo ancora guardando quando un braccio spunta dal nulla e ne ruba una. Non ricordo altro.

Martedì 12 agosto è stato il giorno in cui è stata rotta la tradizione di bere l’Ognigiorno ogni giorno. Tradizione fortemente voluto da Bicego, e fortemente cara visto che al market del campeggio costava la bellezza di quasi cinque euro! D’altro canto al Conad non lo vendevano. Quello che vendevano al Conad, ed è stato disgraziatamente acquistato, era il cibo per gatti in scatolette Diamond per un pasto singolo. 
Premetto che non ho mai avuto intenzione neanche di aprirlo. Ciò che accadde è che al ritorno dalle docce Luca l’aveva preparato su un piatto, con l’intenzione di farmelo assaggiare. L’ho sfidato che l’avrei mangiato solo se anche lui l’avesse mangiato. Il punto è che l’idiota ha accettato, e quindi mi son trovato a ingoiare una forchettata di un misto mare salmone, orata e non so che altro. Ora, al di là dell’aspetto osceno, devo ammettere che non era poi così male!

In ogni caso impossibile dimenticare che quel giorno ricorse la terza causa di morte della vacanza. Per cena si era stabilito di fare una bella pasta in economia. Marco prepara la pentola d’acqua, accende il fuoco della bombola e, insieme alla rondella di gas su cui si cuoce la pasta, prende fuoco anche uno spiffero in prossimità del rubinetto. Devo dire che non ho fatto a tempo ad alzarmi della sedia che Marco ha realizzato l’accaduto, preso la pentola e rovesciato l’acqua sopra la fiamma. Siccome la bomboletta non era proprio piccolina, sarà stata sui dieci, quindici litri, posso affermare con certezza che se la fiamma fosse arrivata al suo interno saremo esplosi tutti e nove per aria. Fatto sta che sta valvoletta continuava a perdere gas. Cioè del tipo che se uno che allegramente finiva la sua cicca e la gettava per puro caso sopra la valvola, questa prendeva fuoco. Comunque aver scoperto la perdita ha permesso di spiegare l’odore che Nicholas e il sig. Garoldini sentivano in macchina per tutto il percorso verso Riccione (macchina dentro la quale i due fumavano) e forse i mal di testa che sempre sti due si portavano appena svegli (la bambola era infatti parcheggiata davanti alla nostra reggia). Okay, smaltimento. Marco porta il problema in direzione, che però a quell’ora è chiusa. Così si rivolge ad un apparente membro anziano dello staff il quale dall’alto della sua esperienza suggerisce:”Portatela in mezzo ad un campo e lasciatela svuotare”. Chiamiamo i vigili del fuoco. Alla fine si sono arrangiati loro, non senza avvertirci che il GPL, a differenza del metano, staziona nell’intorno a dove sta uscendo e che quindi lasciarlo all’aperto avrebbe prodotto una cortina di gas esplosivo. Geniale.

Si doveva andare in Villa delle Rose, ma per una serie di sfortunati eventi (in realtà non ricordo perché) ci siamo trovati a passeggiare tutti e nove più la compagnia di Croce per il corso principale di Riccione diretti ad un posto in cui, a detta del pierre, offrivano tre cocktail a dieci euro (il Vinocè). Ma la lotta dei pierre sto giro lo vince un altro, che nel mentre che ci stavamo dirigendo al Vinocè, ci convince a fermarci al bar prima, dove i cocktail costano tre e cinquanta l’uno e gli shottini uno e mezzo l’uno.
Eravamo in quattordici e che io ricordi in vita mia non mi è mai successo che alla fine della serata tutta la compagnia e/o quattordici persone fossero parimenti lese. Ma andiamo con ordine. La storia dei cocktail a magro prezzo era vera ed erano pure molto buoni! Per festeggiare un compleanno avuto quattro giorni prima, Erik, già nella via della perdizione, ha ordinato ventuno shottino, ”Ma noi siamo in quattordici!” gli urlavano. Ventuno shottini. Contemporaneamente, due bionde trentenni festeggiavano il loro compleanno al tavolo di fianco. Comunque le trentenni (Mirella e Giulia se non erro) piacevano e quindi qualche shottino è finito pure a loro. A questo punto quattordici lesi prendono la macchina e tornano al Moijto. Qui d’un tratto osserviamo il sig. Garoldini in stato di shock: credevamo noi che avesse visto una gnocca da paura e invece no! Molto semplicemente gli avevano sfilato il portafogli. La cosa che il sig. Garoldini non poteva sapere, era che le sue sfighe stavano appena per iniziare. Successivamente decidiamo di passare al locale accanto, l’Operà. All’ingresso Croce attacca grane con il bodyguard il quale lo avverte che non lo faranno passare perché sta chiudendo (notare che nel frattempo stava entrando gente). Alla fine entriamo dal retro.

Il giorno dopo siamo andati ad accompagnare il sig. Garoldini perché sporgesse denuncia alla Polizia. Questi, mentre ancora eravamo al campeggio, si era accocolato in una delle magnifiche sedie di Zazza, e con il suo classico sguardo che non si sta cosa stia guardando afferma:”Sono senza portafogli. Ho perso la mia identità. Chiamatemi Norton”. Alla Polizia eravamo in cinque, io Nicholas Luca la Kesha e Norton. Parcheggio dove è scritto “Riservato alla Polizia”, così all’entrata chiedo:”Posso lasciarla lì? Dobbiamo sporgere una denuncia”, il poliziotto:”Finché non te la portiamo via...”. Un’ironia inaspettata. Nulla in confronto a quello che ci sarebbe accaduto. Dopo una breve attesa, l’ispettore fa accomodare Norton e Luca nel suo ufficio. Noi tre aspettavamo fuori, dove faceva un caldo da bestemmie, così chiesi al poliziotto in guardiola se avevano un distributore di acqua. Quello mi indica dietro a sé un distributore automatico. Inserisco la moneta, la bottiglia cigola un attimo, poi cade emettendo un rumore poco rassicurante. Apro lo sportello e trovo due bottiglie. Ma io ne ho vista cadere una... Le prendo, il poliziotto non dice nulla, esco dagli altri e tenendole sollevate davanti a loro ci accorgiamo che sono entrambe aperte e metà già bevute. Scambi di sguardi attoniti. I due malfidenti decidono di non abbeverarsi da quelle bottiglie, motivo per cui le finii entrambe da solo. Poco dopo annoiati dall’attesa, decidiamo di andare dagli altri due. Guardo con invidia il condizionatore ma l’ispettore mi guarda e fa:”Eh no, possono entrare solo due alla volta”. Abbasso lo sguardo deluso. “Scherzo scherzo, su, accomodatevi”. Non l’avessimo mai fatto. Mi siedo alla sua destra, la Kesha a fianco di Norton dal lato opposto di Bicego e dietro di loro Nicholas. Dall’altra parte della scrivania, lui, l’ispettore. Il quale, dal canto suo, come prima cosa nota la ragazza; così tira fuori il cellulare, traffica un po’ e poi glielo mostra:”Guarda qui, l’ho mostrato anche a loro primo, questo è mio figlio, bello vero? Vuoi che ti combini qualcosa?”, “Veramente lui è il mio ragazzo (indicando Luca)” gli fa la Kesha, “Eh vabbè vuoi dirmi che rinunci a mio figlio per sto sfigato qua?”. Sorrido, e l’ispettore nota a quel punto anche me. 
“Dai dai proseguiamo col verbale, allora cosa scriviamo? ‘Mi dirigevo con alcuni miei amici (di cui uno gay)’”, mi lancia un’occhiata, io lo guardo un po’ storto, “’quando approfittando della ressa, ignoti mi hanno sottratto il portafogli’, o forse qualcuno ne ha solo approfittato per palparti il culo” mi lancia una seconda occhiata, a quel punto sto al gioco:”E mi hai scoperto, in realtà ce l’ho io il portafoglio di Giorgio”, l’altro:”Mi dai del tu?”. Sigh. “Scusate, potete chiedere al vostro amico [guardando Nicholas] di smettere di ravanarsi i maroni, mi sta inquietando”. I ruoli erano fatti: Norton il denunciante, Luca lo sfigato, la Kesha la cornificatrice, io il gay e Nicholas quello che si toccava le palle. Siamo rimasti un’ora e mezza dentro il commissariato e ricordare tutta la conversazione è impossibile, ma nonostante l’ingratitudine della parte che recitavo, è stato esilarante. Quello che il sig. Garoldini non poteva sospettare, era che di lì a poco si sarebbe ammalato.

In effetti Norton non sembrava granché normale la sera. Decidiamo di tornare al bar della sera prima, dove il ragazzo si addormenta sul divanetto. Poi, dal momento che dopo due ordinazioni ancora nessuno ci portava da bere, ce ne andiamo scocciati. Il nostro pierre preferito, salvato nella rubrica di Bicego sotto il nome di Abk, ci vende le prevendite per il Peter Pan, ospiti Alex Gaudino, Tommy Vee e Albertino. I vari pierre che ci fermano, a cui rispondiamo che siamo già a posto per il Peter Pan, elargiscono commenti poco rassicuranti:”Sarete gli unici” “Domani ditemi in quanti c’erano”. A quel punto ci eravamo quasi convinti di essere stati inculati. Invece il parcheggio era quasi pieno e c’era la coda all’ingresso. Questo è un particolare che ricordo perché due trans paurosi ci erano dietro. Chissà che non siano tutti così là dentro! Non lo erano. Delle serate in discoteca, sicuramente quella al Peter Pan è quella che ricordo con maggior gradimento. Ad un certo punto, noto che Norton era stravolto e mi chiede di portarlo a casa. Avevo appena finito la seconda consumazione, di cui la prima era talmente oscena da avermi stomacato (non ricordo neanche cosa fosse, un Negroni? Bleah), ma vado comunque all’ingresso cercando di convincere la cassiera a darmi un’aspirina. Quella oppone una resistenza incredibile alla mia retorica! Mi arrendo, chiedo il timbro e porto Norton al campeggio col terrore di essere fermato dai carramba. Lo deposito in tenda e ritorno al Peter Pan, col terrore di prima. Qui scopro che il nostro pierre preferito ci aveva appena regalato una bottiglia di Prosecco frizzante. Nel seguito della serata ci avrebbe anche regalato un altro cocktail: semplicemente il migliore. Sale alla consolle il dj veneto e, contrariamente al nostro pessimismo sul suo talento, devo ammettere che è stato eccezionale. Ad un certo punto mi avvicino alla consolle e gli chiedo se avrebbe messo la Serenissima. Quello annuisce mentre fa un gesto con la mano per dire “dopo, dopo”. Alle cinque del mattino mantiene la promessa, e chiude la serata proprio con la Serenissima: torno alla consolle e gli urlo:”Grazie, l’avevi promesso!”. Non sono certo che abbia collegato le due cose. Alla fine ha concesso il bis con Anthouse. Alle cinque e mezza siamo tornati alla tenda. Ah, di Albertino neanche l'ombra.

La sveglia naturale, costituita dal passaggio di un treno o dall’umidità, ci induce ad alzarci al solito a mezzogiorno. Quei primi minuti furono dominati dalla sofferenza di Norton che supplicava di avere le sue medicine. Alla fine io Ale e l’Anna andiamo all’unica farmacia di turno, in centro.
 E’ chiusa ma c’è la chiamata diurna, mai vista né sentita prima di allora. Tra l’altro il supplemento è gratis. Ma tenetela aperta allora! C’è uno sportellino, un campanello e un citofono: Ale ipotizza che quando suoni dallo sportellino esce la canna di un fucile con la voce minacciosa di una donna che ti chiede che cazzo rompo i coglioni a fare. Invece mi risponde una neutra voce femminile, ma non potrò mai sapere se fosse realmente una donna perché lo sportellino era un semplice vano dove una volta inseriti i soldi, magicamente, con un sola rotazione del vano, uscivano i medicinali. Torniamo da Norton, il quale si irrita del fatto che la stronza non gli abbia venduto il Flomax, con la scusa che serviva la ricetta. “Senza Flomax non guarirò mai”. In effetti prima del rientro a Vicenza non sarebbe guarito! Non ricordo come abbiamo passato il pomeriggio, ma suppongo al mare, visto che ho ricordi di una partita di beach con tre sconosciuti di cui una di sesso femminile che era un mostro di bravura. La sera io Luca e la Kesha prepariamo i bagagli per trasferirci a Lignano. Siamo ancora indecisi se fare l’autostrada o tentare di tagliare per la statale. Alla fine lasciamo Riccione verso mezzanotte e mezza e a Cesena usciamo per prendere la statale diretta a Ravenna. Da lì saremo finiti direttamente nella strada della mia perdizione. La Strada Statale 309, nota ai più semplicemente come la Strada Romea. Ma questa, ormai, è un’altra storia.

Chetz

Qualche statistica
  • Durata: 5 giorni 20 ore e 30 minuti;
  • Costo stimato: circa 400 euro;
  • Cose ricorrenti:
    • Ale che mangia/Ale che ha fame.
    • Le parole “Ah sì?” “Ma no!”, egocentrico/egocentrismo.
    • Il mio cognome.
    • La vicinanza della morte.
    • Il passaggio del treno.
    • Le canzoni “Alien8”, Lagwagon, e “Where’s Your Head At?”, Basement Jaxx.
Le foto, nell'ordine: 1. Nicio, io e l'Anna; 2. Zazza; 3. Io, Croce, Nicio e Giorgio; 4. Erik e la Giulia (o Mirella? Boh); 5. I ventuno shottini; 6. Bicego, io e la Kesha; 7. Ale.

giovedì 24 luglio 2008

As you walk away

Dicono che quando una persona sia ubriaca, ami far partecipe il prossimo di una cosa che gli sta particolarmente a cuore della propria vita ("in vino veritas"?) e siccome tende a dimenticare di averlo detto, finisce per ripeterlo due, tre, cinque volte in una serata. Devo dunque dedurre da sabato scorso, in occasione della festa di mezz'estate nella casa viola (nome in codice: as you walk away party) , quando mi sono ridotto alla lesione fino al midollo, che a me della mia vita stanno particolarmente a cuore i bicchierini della Bacardi in regalo con le loro confezioni di rum: perché, come mi hanno poi rammentato, avrò ricordato loro questa mirabile operazione di acquisto non una, non due, ma almeno sette volte nell'intervallo di tempo che è intercorso da quando mi rotolavo nel prato in giardino a quando mi rotolavo tra le lenzuola in camera (non penso più di una mezz'ora, ma è evidente che quello che penso non corrisponde al vero). Tra tutte le cose che potevano starmi a cuore, dei bicchieri. Bicchierini, pardon.

E dire che la giornata era iniziata molto positivamente: sveglia all'una, pranzo dagli zii e poi una tabella di marcia che scandiva con efficacia come avrei dovuto impiegare il tempo della giornata. Dal momento che mi restavano cinque ore alle nove, assegnai un'ora e venti per falciare il prato e un'ora e mezza per la spesa. Alla fine dedicai due ore e venti alla spesa e neanche un minuto al prato, dato che se ne occupò mio fratello. A dispetto di quanto possa indurre la situazione, ricordo molti particolari della serata, ma i più strani corrispondono a quando non ricordo nulla XD. In un certo momento di ebbrezza quasi completa, rabaltai da una sedia dotata di poggiabraccia allungabili un bicchiere pieno di qualcosa: la cosa interessante è che secondo i testimoni raccolsi con cura il bicchiere e lo riposi dove stava prima. Senonché Luca rialzandosi dalla stessa sedia ha commesso il mio stesso errore e rovesciò lo stesso bicchiere; al ché gli urlai contro qualcosa del genere "ma perché devo pagare io per i tuoi errori!?!". Santa verità. Oppure tipo quando mi hanno accompagnato in camera, successivamente ad un tentativo fallito di conati forzati sul lavandino (operazione parto della mia mente e della quale ho lucide rimembranze), e prima che rimettessi l'anima su quelle lenzuola, la Roberta, la Giulia e la Kesha hanno avuto la geniale trovata di scrivermi su braccio e schiena con il pennarello la frase che ho urlato dietro a Luca ("perché devo pagare io per i tuoi errori!?!""), poi il simbolo di un cuoricino con il nome del mio vecchio prof. di Lettere (XD) e un'altra frase che non ricordo. I primi due, stampati sulla schiena, hanno richiesto un giorno intero perché li scovassi e decifrassi. Quel giorno intero, che sarebbe la domenica, l'ho passato a letto: le meningi mi pulsavano che penso si vedessero a occhio nudo e fare qualsiasi altra cosa diversa dallo star disteso mi dava la nausea. Ma Cristo se ne valeva la pena.

P.s.: ricordo molti led e luci di fotocamere. Prevedo sorprese su Youtube


Chetz

lunedì 2 giugno 2008

Alla Repubblica

Presidente "Ha chiesto di parlare l'onorevole Matteotti. Ne ha facoltà".
Matteotti "Noi abbiamo avuto da parte della Giunta delle elezioni la proposta di convalida di numerosi colleghi. Nessuno certamente, degli appartenenti a questa Assemblea, all'infuori credo dei componenti la Giunta delle elezioni, saprebbe ridire l'elenco dei nomi letti per la convalida, nessuno, né della Camera né delle tribune della stampa (Vive interruzioni alla destra e al centro)".

[...]

"...poiché nessuno ha udito i nomi, e non è stata premessa nessuna affermazione generica di tale specie, probabilmente tali tutti non sono, e quindi contestiamo in questo luogo e in tronco la validità della elezione della maggioranza (Rumori vivissimi). Vorrei pregare almeno i colleghi, sulla elezione dei quali oggi si giudica, di astenersi per lo meno dai rumori, se non dal voto (Vivi commenti - Proteste - Interruzioni alla destra e al centro)"

Maraviglia "In contestazione non c'è nessuno, diversamente si asterrebbe!".
Matteotti "Noi contestiamo...".
Maraviglia "Allora contestate voi!".
Matteotti "Certo sarebbe maraviglia se contestasse lei! L'elezione, secondo noi, è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni."

[...]

"Per vostra stessa conferma dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà... (Rumori, proteste e interruzioni a destra) Nessun elettore si è trovato libero di fronte a questo quesito...".
Maraviglia "Hanno votato otto milioni di italiani!".
Matteotti "... se cioè egli approvava o non approvava la politica o, per meglio dire, il regime del Governo fascista. Nessuno si è trovato libero, perché ciascun cittadino sapeva a priori che, se anche avesse osato affermare a maggioranza il contrario, c'era una forza a disposizione del Governo che avrebbe annullato il suo voto e il suo responso (Rumori e interruzioni a destra)".
Una voce a destra "E i due milioni di voti che hanno preso le minoranze?".
Farinacci "Potevate fare la rivoluzione!".
Maraviglia "Sarebbero stati due milioni di eroi!".
Matteotti "A rinforzare tale proposito dei Governo, esiste una milizia armata... (Applausi vivissimi e prolungati a destra e grida di "Viva la milizia")".
Voci a destra "Vi scotta la milizia!".
Matteotti "... esiste. una milizia armata... (Interruzioni a destra, rumori prolungati)".
Voci "Basta! Basta!".
Presidente "Onorevole Matteotti, si attenga all'argomento".
Matteotti "Onorevole Presidente, forse ella non m'intende; ma io parlo di elezioni. Esiste una milizia armata... (Interruzioni a destra) la quale ha questo fondamentale e dichiarato scopo: di sostenere un determinato Capo del Governo bene indicato e nominato nel Capo del fascismo e non, a differenza dell'Esercito, il Capo dello Stato. (Interruzioni e rumori a destra)"

[...]

"In aggiunta e in particolare... (Interruzioni), mentre per la legge elettorale la milizia avrebbe dovuto astenersi, essendo in funzione o quando era in funzione, e mentre di fatto in tutta l'Italia specialmente rurale abbiamo constatato in quei giorni la presenza di militi nazionali in gran numero... (Interruzioni, rumori)".
Farinacci "Erano i balilla!"
Matteotti "È vero, on. Farinacci, in molti luoghi hanno votato anche i balilla! (Approvazioni all'estrema sinistra, rumori a destra e al centro)"

[...]

"...c'è poi una serie di fatti che successivamente ha viziate e annullate tutte le singole manifestazioni elettorali. (Interruzioni, commenti)".
Voci a destra "Perché avete paura! Perché scappate!".
Matteotti "Forse al Messico si usano fare le elezioni non con le schede, ma col coraggio di fronte alle rivoltelle (Vivi rumori. Interruzioni, approvazioni all'estrema sinistra). E chiedo scusa al Messico, se non è vero! (Rumori prolungati) I fatti cui accenno si possono riassumere secondo i diversi momenti delle elezioni. La legge elettorale chiede... (Interruzioni, rumori)".
Greco "È ora di finirla! Voi svalorizzate il Parlamento!".
Matteotti "E allora sciogliete il Parlamento".

[...]

Matteotti "A Genova (Rumori vivissimi) i fogli con le firme già raccolte furono portati via dal tavolo su cui erano stati firmati".
Voci "Perché erano falsi".
Matteotti "Se erano falsi, dovevate denunciarli ai magistrati!".

[...]

Farinacci "Perché non ha fatto i reclami alla Giunta delle elezioni?".
Matteotti "Ci sono".

[...]

Matteotti "Comunque, ripeto, i candidati erano nella impossibilità di circolare nelle loro circoscrizioni!".
Voci a destra "Avevano paura!".
Turati Filippo "Paura! Sì, paura! Come nella Sila, quando c'erano i briganti, avevano paura (Vivi rumori a destra, approvazioni a sinistra)".
Una voce "Lei ha tenuto il contraddittorio con me ed è stato rispettato".
Turati Filippo "Ho avuto la vostra protezione a mia vergogna! (Applausi a sinistra, rumori a destra)".
Presidente "Concluda, onorevole Matteotti. Non provochi incidenti!".
Matteotti "Io protesto! Se ella crede che non gli altri mi impediscano di parlare, ma che sia io a provocare incidenti, mi seggo e non parlo! (Approvazioni a sinistra - Rumori prolungati)".
Presidente "Ha finito? Allora ha facoltà di parlare l'onorevole Rossi...".
Matteotti "Ma che maniera è questa! Lei deve tutelare il mio diritto di parlare! lo non ho offeso nessuno! Riferisco soltanto dei fatti. Ho diritto di essere rispettato! (Rumori prolungati, Conversazioni)".
Casertano, presidente della Giunta delle elezioni "Chiedo di parlare".
Presidente "Ha facoltà di parlare l'onorevole presidente della Giunta delle elezioni. C'è una proposta di rinvio degli atti alla Giunta".
Matteotti "Onorevole Presidente!...".
Presidente "Onorevole Matteotti, se ella vuoi parlare, ha facoltà di continuare, ma prudentemente".
Matteotti "Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente, ma parlamentarmente!"

[...]

"Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l'autorità dello Stato e della egge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente, rovinate quella che è l'intima essenza, la ragione morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere la Nazione divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema certamente provoca la licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data, ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. (Interruzioni a destra) Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l'opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni."

Ultimo discorso di Giacomo Matteotti il 24 maggio 1924, ucciso il 10 giugno 1924 da sicari fascisti.

Viva la Repubblica.

giovedì 1 maggio 2008

Quadri svedesi

Racconterò di due episodi che hanno per co-protagonista la Roberta e che mi sono ricordato recentemente. Motivo per cui li scrivo principalmente per ricordarmeli in seguito. Anche perché il primo è quasi impossibile da descrivere ma tant'è.

Quarta superiore, ora di educazione fisica, il prof. Banovich indica il quadro svedese dalla parete. Ma come, si fa educazione fisica? Solitamente abituati a fare riscaldamento e poi partite a pallavolo, alla vista dell'imminente fatica il morale c'era un po' sceso... In ogni caso, con educazione esemplare ci sediamo a semicerchio di fronte all'attrezzo ginnico. Io e la Roberta ci mettiamo disgraziatamente in "prima fila".
"Okay ragazzi, questo è il quadro svedese. Mi servono due volontari...
... (ci indica col dito) tu e tu!"
No comment.
P.s.: piccola pillola che mi è appena soggiunta. Sempre Banovich: "Okay ragazzi sedetevi che facciamo l'appello: ci siete tutti?"

Quarta superiore, mattina di assemblea d'istituto o manifestazione fallimentare, fatto sta che ci troviamo con la Giulia al bar Crestanello di piazza San Lorenzo. Ci appostiamo al piano superiore, non ricordo neanche di aver ordinato nulla (ma qui probabilmente la memoria m'inganna) e ci mettiamo a giocare a carte a Animals (nome inventato), le cui regole erano più o meno queste: si assegnava ad ogni giocatore un verso di animale e si distribuivano coperte una carta a testa. Poi le si scoprivano contemporaneamente e se tu avevi lo stesso numero di un altro, urlavi il suo verso. Chi dei due lo faceva prima cedeva la carta all'altro e vinceva chi alla fine del mazzo aveva meno carte.
Sembra che producessimo un caos elevato, specie dal momento in cui la conversazione si componeva di Cra Bau e Ih-Oh, il punto è che dopo mezz'ora di gioco siamo interrotti dalla cameriera che, parafrasando, dice:"Potreste gentilmente lasciare il locale?". Cacciati.


Chetz

giovedì 10 aprile 2008

Péclet?

Si potrebbe dire che è tutto merito degli ornitorinchi.
Mi ha sempre lasciato perplesso il ruolo di un ornitorinco nel nostro ecosistema. Sia ben chiaro, nulla contro gli ornitorinchi, ma sono esseri piuttosto inutili. Non mi compete dirlo, ma non mi spiego come possano incidere in modo determinante nella catena alimentare del loro habitat. E anche fosse, abbiamo vissuto per oltre due millenni senza neanche incontrarne uno qui in Europa: di certo non serviva quindi alla nostra sopravvivenza. Piuttosto curioso provare logicamente la futilità di un ornitorinco.

Da qui sorge automatica una domanda: perché viviamo in un mondo popolato (anche) da ornitorinchi? Che senso ha? A volte ci si pongono delle domande molto più ampie (creazione dell'universo o vita dopo la morte o altre seghe mentali apparentemente senza risposta) e non ci si chiede come mai al mondo ci siano esseri come gli ornitorinchi. Se da qualche parte c'è un piano universale che regola tutto (un altro modo per non chiamare in causa con un parola l'essere superiore per eccellenza [e aggiungo le cattive abitudini della Moglie, ma dettagli]), perché in esso è previsto che queste bestie abitano la Terra? Non servono a nulla a noi umani, non sono neanche buoni da mangiare (nota: questa è una presunzione. No, non ho li ho mai assaggiati) !

E' un pensiero piuttosto blando, ma avvalora l' idea che le cose accadano perché accadono e non per un particolare disegno (o quantomeno è un disegno piuttosto astruso ergo Occam).

Chetz

lunedì 7 aprile 2008

Domani è il primo giorno del resto della mia vita

...per fortuna!
Non c'entra assolutamente niente con quello che voglio scrivere, ma l'ho letta su un vecchio quaderno e mi piaceva :) Anche perché a quanto pare sono una calamita per gli avvitamenti burocratici più machiavellici di questa porzione di terra che abito.
Tutto iniziò l'insano giorno in cui mi son messo in testa di seguire mio zio al poligono. Come ci si poteva aspettare è necessario procurarsi una licenza per il porto d'armi. Ora consiglio: se non avete uno zio che conosce il maresciallo dei carabinieri del vostro Comune, ottenere il porto d'armi è una missione titanica. Perché se non sai niente di sta roba, la prima idea che ti viene in mente è cercare in Google. Il quale, dal canto suo, è anche abbastanza efficiente, e ti rimanda ad una pagina piuttosto dettagliata del sito della Polizia di Stato.

Peccato che il modulo fornito dal predetto sito sia incredibilmente insufficiente per ottenere il porto d'armi -.- La prima cosa che ti richiede questo modulo è di specificare che licenza vuoi, per poi indirizzarti all'elenco dei documenti richiesto. Perfetto! Eh eh magari... Spulciando la lista spunta fuori licenza di porto di armi per il tiro a volo: richiesta certificazione dell'idoneità psico-fisica ("sei matto da internare o puoi camminare senza avere l'istinto di assassinare le persone che incroci?"), l'attestazione al conseguimento della "capacità tecnica" (???), il pagamento del costo di brevetto (vabbè 1,23€ ridicolo) e due fototessere. Considerando l'imposta di bollo d'ufficio e assumendo di sapere che cazzo sia la capacità tecnica (mi suona del tipo "sai tenere in mano una pistola senza che ti scivoli a terra?") il costo si aggirerebbe ad una prima occhiata sui 20€. Sbagliato.

Sbagliato perché non sai cos'è la capacità tecnica e ti informi. E scopri che la capacità tecnica equivale alla dimostrazione di sapere maneggiare un'arma. E come diavolo lo dimostri? Semplice basta leggere: è sufficiente presentare fotocopia del congedo dal servizio militare (si presume infatti che chi ha prestato servizio civile per obiezione di coscienza non possa praticare uno sport violento come il tiro al piattello -.-). E vabbè grazie io sono esente dalla leva. E qui subentra lo zio che conosce il maresciallo, gli telefona, te lo passa cosicché al termine della chiamata tu sia cosciente del fatto che per avere l'attestazione devi rivolgerti al poligono di tiro più vicino, il quale dopo un breve corso ti rilascia il certificato. Intanto i costi lievitano. Ma visto che le brutte notizie non si accompagnano mai sole, il maresciallo mi informa che per presentare l'istanza al Commissariato devo andare a prendere un apposito modulo alla stazione dei Carabinieri. Così sia.

Passando davanti all'ospedale (dopo una pedalata di ben trenta secondi) mi ricordo dell'idoneità psico-fisica, e allora, data la mia grande furbizia derivante dalla nazionalità che porto, ne approffitto per fare una visita alla ASL. Qui scopro che il dottore addetto a questo certificato opera due giorni alla settimana per un totale di tre ore settimanali (minchia!) e che l'idoneità costa 21€ da sola. Da accompagnare con imposta di bollo. Altri 15 euro. Non solo! Devo passare dal medico di base per fare un'esame anamnestico ("quante volte vai di corpo al giorno?") ma ovviamente Piana oggi lavorava di mattina (che io ho lezione, dettagli). Vabbè almeno quello è gratis. Esco dall'ASL e mi dirigo dai carabinieri. Un tizio smunto dalla supponenza di un ingegnere meccanico mi accoglie con un cenno di biasimo per come ho parcheggiato male la bici: ma che te frega?? Poi mi porta il modulo che avevo richiesto telefonicamente. Che ovviamente è totalmente diverso da quello della Polizia di Stato. E le cose da fare si moltiplicano: devo andare all'anagrafe a certificare che quello della fototessera sono proprio io (RIDICOLO!!) e, visto che mi certificano l'evidenza, devo pagare un'altra imposta da bollo! Fanno tre in totale: da 15 a 45€. Sommate all'esame d'idoneità fanno 66€. Sommate al corso al poligono (20€? 40€? 60€?) fanno una cifra tra gli 80 e i 120€. Forse dovrei darmi all'ippica.

Chetz

Aggiornamento del 9 aprile: il certificato anamnestico costa! TANTISSIMO! Altri 35 euro più IVA, per un totale di 42 euro. E il complessivo si impenna tra un minimo di 120€ fino a 160€. Me tapino