mercoledì 15 luglio 2009

Madrid de puta madre

Il punto è che, limitatamente a quanto ne siamo artefici, noi siamo i principiali responsabili dell'esito della nostra vita. E anche quando esistono fattori che la controllano, impedendoci apparentemente di metterci mano, come le catastrofi, le stragi, la nostra stessa famiglia che mai si sceglie e sempre ci si assegna, anche allora noi siamo gli unici a poter catalizzare tutte le nostre forze ed energie perché questi fattori si minimizzino e ci conducano a quanto vogliamo. Perché in fin dei conti vivere è poter realizzare ciò che vogliamo, toccare per mano quanto abbiamo desiderato. Ne segue che l'unica verità è che noi siamo i soli artefici della nostra fortuna.

Per una vita ci preoccupiamo di quanto gli altri pensino e spesso in questo modo miniamo le nostre possibilità di raggiungere quanto desideriamo. Eppure del pensiero degli altri dovremmo preoccuparci solo se esso davvero finisce per minare il nostro obiettivo e, qualora lo minasse, ancora noi siamo gli unici a poter agire in tutti i modi pur mutare quel pensiero. Le convenzioni sociali, le regole, le leggi sono pensieri che non sempre si accordano con quanto vogliamo. Se quanto desideri dalla vita è essere felice, come accade per la maggioranza di noi, uccidimi, se questo ti rende felice.

Per una vita ci preoccupiamo del giorno in cui arriveremo a contare quanto abbiamo realizzato, quanto abbiamo conseguito, quanto di quanto fatto corrisponda al convenzionale obiettivo. E così puntiamo una vita per scommettere sul giorno che precede la nostra morte. Anche probabibilisticamente, ha maggior senso puntare sull'esito di ogni giorno, minuto, unità di tempo: ne conseguiremo una maggior possibilità di vittoria. Ne conseguiremo una maggiore possibilità di realizzare ciò che vogliamo. E nell'istante in cui l'avremo conseguito, saremo felici.

Chetz